LO SPAZIO FRA LE COSE
Lo spazio sacro
gennaio 2024

Lo spazio tra le cose è il mistero, il luogo delle possibilità, dove la vita non ancora o non più manifesta rivela tutta la sua potenza, in una sottile e appena percettibile vibrazione.
La quiete dopo ciò che è stato, l’attesa di ciò che sarà, lì dove il passato e il futuro non si toccano.

È l’intervallo tra l’insegnamento e la comprensione, ciò che ci consente di fare una scelta.
È il silenzio pieno di significato. L’ispirazione concessa da una frase non conclusa, da un pensiero espresso a metà, da un ragionamento non ancora portato a termine. La possibilità di fare una domanda.
Il rapporto tra azione e reazione. La differenza tra il dire e il fare, la prudenza.

Lo riconosciamo nel legame di un sentimento, nella persistenza del ricordo, nella forza di attrazione tra i corpi e nella resistenza al lasciare andare.

È il bianco tra le righe del pentagramma in cui il Do trova la sua collocazione, ma è anche il bianco su cui si disegnano i caratteri di una lettera d’amore, che altrimenti, senza quello spazio, sarebbe solo un punto nero, un grumo d’inchiostro.

È il movimento della danza, il gesto dello sciamano, l’incantesimo, l’ondeggiare della foglia, lo scatto del ghepardo, la corsa dell’atleta.
Senza lo spazio tra le cose non ci sarebbero lo stupore, la ragione della ricerca, la morbidezza del cuscino, le fasi della luna, la letteratura, il dubbio amletico.
È il contatto degli sguardi e l’avvicinarsi con delicatezza per evitare lo scontro, l’impatto che darebbe origine alla frattura. È la possibilità di percepire il calore senza bruciarsi.
La logorante attesa, il meritato riposo, l’ozio creativo, l’intervallo, la pausa caffè, le vacanze estive. Il luogo dell’appuntamento, il punto d’incontro di una stretta di mano, l’ampio arco che disegna il nostro corpo quando si apre nell’abbraccio.
L’ampiezza del respiro, il ritmo cardiaco, l’allargarsi del sorriso, la fessura attraverso cui passa la luce, la crepa del terreno che accoglie il seme, il cammino nascosto delle radici tra gli alberi, l’aria del bosco in cui possiamo sentire il suo profumo.

È il segreto della bellezza di un panorama, la scalata dell’Everest, la strada fra le destinazioni, il tubo dell’onda, il problema dei viaggi spaziali, la velocità della luce. Il campo da gioco, una pagina bianca, l’inquadratura del fotografo, il volo della freccia, la vibrazione di fondo.

È ciò che ci consente di sperimentare la mancanza e la nostalgia, ma anche il desiderio. È la pressione dell’entusiasmo che si attiva e che ci mantiene vivi tra un obbiettivo e l’altro. È la fiducia costruita dalla speranza dopo la delusione.

È il cerchio che disegnamo intorno a noi dentro il quale qualcuno può entrare, e qualcun altro no. È il ripiano più alto dello scaffale e la casa dell’amico che non andiamo a trovare.

A volte è ciò che ci consente di cadere, affinché possiamo scendere dalla mente al cuore.

È il palcoscenico dello spettacolo della vita che ospita la rappresentazione del mondo. È in quei pochi centimetri che fanno la differenza tra i buoni e i cattivi progetti, è il contenitore delle paure intorno alle quali si muove l’immaginazione, dei talenti che alimentano la creatività, dei sogni che nutrono la fantasia.

Per quanto esse possano essere belle e preziose, nonostante la separazione sia solo un’illusione, ciò che abbiamo di più sacro è l’infinito spazio tra le cose.

Immagine: Il battesimo di Cristo (part.) - Piero della Francesca, 1440
valeria.cescato
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