IL RUOLO DEI FACILITATORI
Pubblicato - CaneLupoItalia

Si moltiplicano gli incidenti per i quali l’incontro fortuito tra umani e animali selvatici, liberi per natura, provoca dei danni.

È solo di qualche giorno fa la notizia che sarà possibile sparare agli animali non domestici che dovessero sconfinare nei territori antropizzati, e oggi ne sento una nuova. Se investendo un cervo che dovesse all’improvviso attraversare la strada, per cui dovessi ritrovarmi per esempio con il radiatore sfondato, potrei (o dovrei, non mi è chiaro) fare denuncia ai carabinieri perché “è compito della Forestale evitare che questi incidenti accadano” e potrei (o dovrei) chiedere un risarcimento.
Anche con un grande sforzo di immaginazione non riesco a visualizzare in che modo realisticamente il Corpo Forestale dello Stato potrebbe impedire ai cervi, come ai cinghiali, ai gatti domestici, ai poveri ricci, o ai rospi di attraversare le strade.

Non è tanto importante (in questa sede) indagare la veridicità delle notizie o la specificità delle normative, quello che cerco di scoprire è “il senso comune”. Siccome a dare forma ad un paese non sono le sue leggi ma i comportamenti dei cittadini, il pensiero corrente è ciò su cui si deve intervenire se si vuole condizionare la forma di qualcosa che riguarda tutti.
I nostri sforzi per tenere lontana la Natura da noi stanno mettendo in serio pericolo la sopravvivenza della nostra stessa specie. Continuiamo ad ergerci ad esseri superiori perciò in un incidente tra la nostra auto ed un cervo la nostra preoccupazione è rivolta verso il conto del carrozziere o ai possibili effetti postumi del nostro spavento, e non sulle sorti del cervo investito.

Il cittadino comune non ha tempo di studiare ed informarsi sul processo sistemico per il quale gli animali selvatici negli ultimissimi anni scodinzolano per le nostre strade e frequentano i nostri giardini come mai dacché si ricordi, ed è per questo che abbiamo bisogno di facilitatori. Esiste l’urgenza di figure in grado di curare e guidare questo riavvicinamento.
Non è più accettabile pensare di creare o mantenere dei confini tra noi e la Natura, non tanto per il bene degli animali, quanto per il nostro. È necessario recuperare il senso di appartenenza e instaurare nuove relazioni, perché abitiamo gli stessi territori, abbiamo gli stessi bisogni, dobbiamo necessariamente trovare una forma di convivenza che sia di beneficio per tutti.

Anche se può sembrare superfluo dirlo, non credo che sia solamente con il fucile in mano che possiamo manifestare al meglio la nostre doti come esseri umani. La nostra intelligenza, la sensibilità, la creatività, l’ingegno, le tecniche, le tecnologie e le millenarie conoscenze devono essere utilizzate per studiare forme di co-abitazione. Le soluzioni però richiedono un’inversione della nostra forma mentale: dobbiamo re-imparare ad adattarci all’ambiente invece che pretendere di piegarlo alle nostre esigenze. Faccio un esempio. Gli animali selvatici girano tra le nostre case per due motivi: perché trovano cibo e perché non riconoscono negli umani un pericolo. Arrivano dunque nei centri abitati non perché cercano cibo, ma perché lo trovano, già pronto e servito, nelle ciotole degli animali domestici e nei nostri rifiuti. Siamo disposti a ripensare le nostre abitudini come comunità in modo da rendere i “nostri spazi” meno interessanti per gli animali selvatici? Secondo motivo: gli esseri umani hanno smesso di essere predatori per la selvaggina. Gli animali preferiamo allevarli e predarli in cattività. Abbiamo considerazione per il benessere degli animali domestici e investiamo tantissima energia per gli animali di cui ci nutriamo, e tutti gli altri? Che spazio occupano nella nostra considerazione gli animali selvatici?

I territori nei quali oggi appare questa esigenza specifica, pare strano a dirsi, sono privilegiati. I luoghi nei quali il selvatico si mostra maggiormente hanno già la possibilità di stabilire nuovi equilibri, si rende già necessario ricominciare a pensare a come le nostre routine influenzano l’ambiente circostante, e quando l’ambiente preme e si impone, dobbiamo ricalibrare le nostre abitudini.
Le soluzioni che facilitano la relazione tra gli esseri umani e le altre forme della Natura non possono più essere a vantaggio esclusivo degli umani, perché quel vantaggio, con buona probabilità, sarà solo apparente e potrebbe ritorcersi contro di noi in un futuro molto prossimo. La storia moderna è piena di esempi.

Sono sempre più preziosi quindi coloro che si dedicano a studiare metodi e sistemi per la gestione degli spazi condivisi, piccoli o grandi che siano, perché sono le distanze a definire le relazioni e solo attraverso la profonda conoscenza dei bisogni delle differenti specie si potranno creare relazioni pacifiche.
Per arrivare ad un nuovo equilibrio è indispensabile prendere in considerazione tutto il sistema, e più la nostra visione sarà ampia e più troveremo soluzioni vantaggiose. Il tempo dei palliativi e dei tamponi è terminato. I facilitatori delle relazioni con il mondo selvatico e le altre forme di vita sono le guide per le terre di mezzo, tutti gli spazi del pianeta in cui gli esseri umani e gli esseri naturalmente liberi possono ancora incontrarsi e convivere in armonia.
Ma niente di buono potrà accadere se non smetteremo di avere paura, e qui si ripropone quella scelta di principio intorno alla quale l’umanità ha costruito la sua storia: gli antidoti alla paura sono l’amore e la conoscenza, i fucili non sono altrettanto efficaci. Ma via quale sceglieremo?
valeria.cescato
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